(di Alessandra Baldini)
Professione: peacekeeper. Margherita Zuin e’ partita per la Somalia. 33 anni, milanese, la giovane italiana del DPKO (Department of Peacekeeping Operations) ha spiegato a OnuItalia, prima di lasciare New York, cosa l’avrebbe attesa a Mogadiscio nella sua seconda esperienza nel paese del Corno d’Africa, uno dei luoghi più instabili e probabilmente pericolosi della terra. “La mia vita cambierà radicalmente: vivro’ in un container con il bagno condiviso. Saro’ confinata in un compound e potrò uscire solo per ragioni lavorative, sicurezza permettendo. E’ un tipo di vita che spesso porta a snaturazioni e a eccessi? Si, ma crea anche legami fortissimi con le persone che ti stanno intorno, loro diventano parte della tua famiglia”.
Margherita arriva in Somalia con la United Nations Assistance Mission in Somalia (UNSOM) del Department of Political Affairs (DPA). Una scelta personalmente coraggiosa ma anche in linea con la nuova dottrina delle operazioni di pace che vede l’Onu puntare sempre più sulle donne. “Essere in una missione di pace e’ un privilegio perche’ pace e sicurezza sono il cuore degli obiettivi dell’Onu. E’ la chance di un nuovo inizio per popoli sconvolti dai conflitti e dalle grandi emergenze”.
Per la Somalia, la Zuin lascia il 34esimo piano del Palazzo di Vetro, nell’ufficio dell’Assistant Secretary-General for Rule of Law and Security Institutions del DPKO. Alle spalle, oltre alla prima volta nel Corno d’Africa, anche l’Ecuador e la Giordania, e l’Europa, da Roma a Bruxelles e poi Brindisi, nella base dell’ONU da dove partono le missioni della Standing Police Capacity, il team di esperti di pronto intervento delle Nazioni Unite, per il quale Margherita va in Sud Sudan dopo l’indipendenza per contribuire a iniziare la nuova missione di pace. Tra le sue esperienze anche il Darfur, dove a 28 anni, guidava uno staff di cinque persone per lavorare sui “gender issues” e sedeva in riunioni con uomini che inizialmente la guardavano dall’alto in basso.
Un cammino progressivo, ma non e’ stata una partenza facile: “Mio padre, dopo la laurea in legge, comprensibilmente voleva che diventassi avvocato Io gli ho chiesto due anni di vita per dimostrare che sarei riuscita a fare quello che volevo”. E’ una famiglia italiana normale quella da cui viene Margherita, padre medico universitario, madre professoressa, a lungo in scuole con studenti difficili. C’e’ in famiglia un Dna votato al servizio degli altri ereditato dai genitori e condiviso con la sorella Valentina, specializzata in acqua, attualmente in Mozambico, e con un dottorato a Stanford. “Come tanti ho cominciato con il volontariato mentre studiavo giurisprudenza interessandomi al fenomeno migratorio che allora in Italia era agli inizi.”
Per Margherita la Somalia e’ un sequel: “Ci sono andata da studentessa, quando facevo il master a Fletcher, la grande scuola di affari internazionali del Massachusetts, ispirata dal mio professore, Ian Johnstone, per capire, per vedere con i miei occhi. Case study: la violenza sessuale tra diritto internazionale, nazionale e giustizia informale. Ne e’ venuta fuori una proposta per una giustizia transitoria che combina l’uso del sistema tradizionale Xeer, che in Somalo significa legge, con la creazione di un tribunale ad hoc”. In supporto di Intersos, che dal 1992 era presente a Jowhar con programmi di nutrizione e salute, incluso un ospedale regionale. Molte storie positive ma anche anche traumatiche. “Nel loro ospedale ho visto tante vite salvate, ma anche cose terribili. Ho visto sofferenza e situazioni difficili da capire e accettare. Una donna in eclampsia, un parto cesareo d’urgenza, il bambino nato morto e la mamma il giorno dopo”: nessuno, ne’ il marito ne’ il padre, aveva voluto firmare in tempo i documenti per l’intervento.
Per un istante scorrono lacrime, ma e’ acqua e fuoco. “Credo nell’ONU, credo nei suoi valori: Dopo 5 anni da funzionaria, vedo che l’ONU rimane l’organizzazione in grado di creare un ampio consenso multilaterale ed e’ importante essere in aree dove ci sono finestre di opportunita’ di cambiare le cose in meglio: la Somalia e’ tra queste. Mi rendo conto che quel che fai e’ una goccia nell’oceano, ma sai che hai contribuito a quella goccia, e ti senti gratificata”.
Molti a New York non hanno capito la sua decisione di ritornare in Africa: “La verita’ e’ che ho sentito il richiamo del campo, il bisogno di tornare a contribuire in modo diretto. Le operazioni di pace stanno entrando in un mondo nuovo, ci sono aree con terrorismo come Mali e Somalia, ci sono anche mandati ‘robusti’ come quello della missione in Congo con la nuova Brigata di Intervento”. Margherita riconosce le difficolta’ di questa vita: “Non e’ facile fare questa vita, anche dal punto di vista personale e sentimentale. Io mi vedo itinerante ancora per un poco, almeno finche’ potrò”.
A Mogadiscio sono una cinquantina i funzionari internazionali civili dell’UNSOM a fianco dei 22 mila militari dell’AMISOM, la missione dell’Unione Africana. La Zuin e’ a capo dell’ufficio del Direttore per Rule of Law and Security Institutions. Di New York, come di ogni altra citta’ “normale”, le manca il poter camminare liberamente per la strada, in sicurezza: “E’ una delle cose sensazionipiù’ belle che si possano provare”.
E a un ragazzo che vuole entrare all’ONU cosa consiglia? “Dico che non deve pensare di entrare dalla porta, di iniziare con il suo lavoro dei sogni, di essere flessibile, non essere snob. Sempre pensando che la concorrenza e’ altissima e che deve essere pronto a partire dal campo per imparare, soprattuto sei vuole fare del peacekeeping”.