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giovedì, Novembre 7, 2024

Voci dal Palazzo di Vetro: Maurizio Giuliano (UNDGC), lavorare all’ONU non può prescindere dall’esperienza sul campo

NEW YORK, 6 DICEMBRE – “Ai giovani italiani e italiane dico: pensate se è veramente per voi. Perché non c’è dubbio che sia una carriera piena di soddisfazioni e di orgoglio, una vita avventurosa, circondati da persone interessantissime, ma è anche una vita che porta ad abitare in paesi difficili, sia dal punto di vista delle condizioni di vita che dei pericoli. È una vocazione più che una carriera”. Con questo monito Maurizio Giuliano, Senior Programme Officer dell’Outreach Division presso il Dipartimento dell’ONU per le Comunicazioni Globali, apre il nuovo episodio di Voci dal Palazzo di Vetro, il podcast curato dalla Rappresentanza Permanente italiana per far conoscere le esperienze concrete dei funzionari italiani impegnati sul campo e nella sede centrale del sistema dell’ONU. Un episodio particolare in cui il focus principale è, proprio su consiglio dell’ospite, il lavoro sul campo, elemento fondamentale ed imprescindibile per ogni aspirante funzionario internazionale.

L’esperienza di Giuliano comincia con le lauree triennali e magistrali in Scienze sociali e politiche, una carriera accademica che però il funzionario italiano stesso ha definito non efficacissima per via della mancanza di specializzazione. Il consiglio per i futuri aspiranti è infatti quello di cercare di differenziare gli ambiti di studio tra triennale e magistrale o master, in modo da ottenere un profilo più variegato e completo, sia in ambito umanistico che in quello tecnico-scientifico (ingegneria o medicina ad esempio), che garantisce comunque una potenziale carriera all’interno del sistema onusiano al di fuori dei più classici percorsi di affari politici, cooperazione allo sviluppo o economia, come confermato anche dalle testimonianze dei precedenti ospiti del podcast.

Rpensamenti a parte, Giuliano era interessato a una carriera nelle Nazioni Unite già a partire dal periodo di studi universitari. Preso contatto con la Rappresentanza Permanente d’Italia a New York subito dopo la laurea, gli viene consigliato un periodo di esperienza dal vivo che svolge presso la ONG britannica Oxfam, oltre ad impegnarsi come giornalista freelance e scrittore, passione e professione che continuerà a praticare lungo tutto il corso della sua carriera. Il suo percorso alle Nazioni Unite comincia poi a venticinque anni con il programma UN Volunteers, che gli permette di essere inserito nella missione di pace in Timor Est in qualità di Public Information Officer. Le successive posizioni all’interno dell’ONU sono strutturate sotto forma di contratti di collaborazione, che vengono poi tramutati nell’assunzione come funzionario e parte dello staff delle Nazioni Unite all’età di trenta anni. La prima agenzia nella quale è impiegato è UNOCHA, l’Ufficio per gli affari umanitari, che gli permette di lavorare sul campo per ben nove anni in Africa, prima di passare per brevi periodi al Dipartimento per le operazioni di pace e poi a UNICEF, sempre nel contesto africano.

“Lavorare sul campo in questi ambiti è fantastico, perché una persona è in contatto in prima istanza con le persone nel bisogno, le persone più vulnerabili che necessitano di protezione fisica, cibo e acqua”, le parole che descrivono ciò che Giuliano reputa fondamentale, almeno all’inizio della carriera all’ONU, e a riprova cita le sue esperienze a Bunia, nella Repubblica Democratica del Congo. Quando arriva la comunicazione che ci sono decine di migliaia di persone che necessitano di aiuti in un luogo sconosciuto e remotissimo a causa di un conflitto tra signori della guerra locali, e non vi sono fondi, attenzione pubblica e copertura stampa dell’evento, bisogna studiare per trovare informazioni, lanciare analisi, mediare con i signori della guerra, organizzare un piano di risposta con le agenzie internazionali e le ONG, coinvolgere i media, trovare i fondi (in quel caso garantiti da USAID), ed infine mobilizzare la logistica medica e di sicurezza. Queste operazioni si ripetono quotidianamente sul terreno, ed è eccellente poter essere sul campo per gestire questo tipo di sfide, a detta di Giuliano.

Piccoli consigli finali: oltre all’inglese è importante il francese, poiché ci sono attualmente molte missioni ONU in paesi francofoni, ed anche la conoscenza di altre lingue è sempre un plus. Giuliano cita l’arabo come futura lingua prioritaria in ambito onusiano. Oltre alle lingue, fare esperienza: non è possibile avere un contratto come membro dello staff senza esperienza sul campo con ONG o in ambito accademico. E dunque, l’ultimo consiglio è quello di non cominciare a fare domanda troppo presto, ma di farla quando si hanno sufficiente esperienza e requisiti accademici, magari tentando con sedi satelliti e non aspirando subito al Palazzo di Vetro come sede del primo impiego. (@giorgiodelgallo)

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