ROMA, 6 MAGGIO – L’organizzazione INTERSOS, impegnata in numerosi paesi teatro di guerre e violenze, ha ricordato in questi giorni che se il lockdown imposto dalle autorità libanesi ha lo scopo di arginare la diffusione del COVID-19, per i rifugiati siriani, il blocco ai movimenti rischia di avere conseguenze terribili, rendendo molto difficile l’accesso ai servizi di base.
In Libano è stato imposto un coprifuoco dalle 20 alle 5 di mattina, ma secondo Human Rights Watch, citato da INTERSOS, diversi comuni hanno attuato restrizioni specifiche per i rifugiati siriani che vivono nei campi, limitando così la possibilità di fare la spesa o andare in farmacia. In alcune aree è stato limitato anche l’accesso ai campi per gli operatori umanitari, diminuendo di fatto anche la possibilità di seguire e prendere in carico i casi più vulnerabili. Misure che hanno come obiettivo la prevenzione, ma che rischiano di rendere insostenibili le condizioni di vita di chi si trova in isolamento, misure che, già gravose per alcuni, lo diventano ancora di più per altri. Il timore è che le persone che vivono in condizioni di estrema vulnerabilità non trovino spazio di risposta ai loro bisogni, oppure che, in caso di sviluppo di sintomi, non cerchino l’aiuto e le cure che servono.
Le scuole sono chiuse, le attività ‘non essenziali’ sono sospese e sospesa è anche quella che viene definita ‘educazione non formale’, inclusi i programmi di protezione dei bambini e di donne sopravvissute alla violenza sessuale e di genere. A tutto ciò, si aggiunge la crisi economica iniziata prima dell’emergenza coronavirus, che ha senza dubbio colpito i rifugiati siriani che lavoravano principalmente a giornata nel settore agricolo o delle costruzioni, e che certamente rende difficile e limitata la capacità di risposta sanitaria del paese dei cedri.
In questo contesto di crisi, INTERSOS non ha interrotto le operazioni e ha invece avviato una risposta all’emergenza rimodulando le sue attività e attuando misure di aiuto a distanza, mantenendo telefonicamente il contatto con le persone vulnerabili seguite, facendo sensibilizzazione e prevenzione via Whatsapp e Skype.
INTERSOS ha incrementato le attività di formazione alla corretta igiene per i rifugiati siriani negli insediamenti informali, facendo prevenzione e preparandosi alla gestione dei casi. Abbiamo distribuito dispositivi di protezione individuale, kit igienici e sapone a 1302 famiglie – per un totale di 5372 persone, e disinfettanti e candeggina a 1231 famiglie, per un totale di 4951 persone. Monitorando costantemente i casi più vulnerabili, lavoriamo per identificare locali da riabilitare e attrezzare per eventuale isolamento dei casi positivi asintomatici o con sintomi lievi.