Federica Gasbarro sarà l’unica Italiana a partecipare al Youth Summit del 21 Settembre. Federica è una dei 7,000 giovani leader ad essersi iscritti al vertice sul clima giovanile, e una dei soli 100 ad essere stati selezionati per un Green Ticket: un volo ‘carbon-neutral’ verso New York e l’opportunità di partecipare agli sforzi dell’ONU nella battaglia contro il cambiamento climatico. I 100 invitati sono tenuti a presentare una soluzione creativa e tecnologica alla minaccia del surriscaldamento globale. A seguire un’intervista con Federica, che atterrerà a New York il 20 Settembre.
Federica, di origine marsicana con un nonno napoletano, ha 24 anni. Laureanda in Scienze Biologiche a Roma spera di continuare i suoi studi all’estero.
Dove è nato il tuo interesse per l’ambiente, dove hai trovato la forza ed il coraggio per intraprendere il tuo cammino come attivista ambientale? che ruolo ha avuto la tua famiglia, la tua università, la tua comunità, Greta?
Sono nata in una famiglia attenta alle dinamiche ambientali, non in modo eccessivamente rigoroso, ma comunque essendo i miei genitori originari dall’Abruzzo -ed essendo quindi cresciuti in stretto contatto con la natura- mi è sempre stato insegnato a riciclare, usare una borraccia invece che bottigliette di plastica, raccogliere i rifiuti trovati per strada. E’ iniziato così il mio interesse, che si è poi consolidato ed è cresciuto con l’inizio dei miei studi (scienze biologiche). I miei studi mi hanno permesso di capire con precisione qual’è il problema e come il cambiamento climatico alteri gli ecosistemi. Ho imparato a vedere la crisi climatica da un punto di vista tecnico più che morale. Inizialmente ero dell’idea che un contributo lo avrei potuto dare solo una volta diventata scienziata, per esempio tramite lo sviluppo di un bio-carburante. Poi lo scorso settembre ho sentito di Greta. A toccarmi è stato specialmente la sua critica agli influencer, che del cambiamento climatico non si interessano proprio. Io, che a quel punto avevo 15,000+ follower su Instagram, ho deciso di accogliere la sua critica e mettere dei post sul clima. Ho per esempio postato una foto in cui sembro essere su una spiaggia, parzialmente coperta dalle onde, con la caption: il livello del mare sale mentre gli uomini dormono. A questo punto gli scioperi di Greta si facevano sempre più importanti. Ho iniziato quindi a scendere in piazza con il Fridays for Future Italiano. Era febbraio, ed il movimento era iniziato a gennaio. All’inizio eravamo poco più di dieci. Ho pensato ‘diamoci una mossa’ e allora abbiamo iniziato a lavorare insieme. La marcia di fine marzo contava più di 30.000 persone.
Come siete riusciti a passare dai 10 ai 30.000 partecipanti? Che strumenti avete usato? Che ruolo hanno giocato i social media?
I social media sono stati sì importanti, specialmente per diffondere le informazioni logistiche dello sciopero, ma di maggior rilevanza è stato il ‘passaparola’. Siamo stati fortunati perché gli allora pochi partecipanti di Fridays for Future appartenevano tutti a scuole e zone di Roma diverse. Ogni studente si è messo in contatto con la propria scuola od università ed è riuscito ad ottenere la chiusura della propria istituzione il 15 marzo, così da permettere ad ogni studente di partecipare allo sciopero.
Siete in contatto con gli attivisti ambientali di altre città Italiane?
Certo. Tramite WhatsApp ed altri social rimaniamo sempre in contatto e riusciamo a coordinarci. Non è però una struttura verticale e gerarchica, ma bensì orizzontale.
Come riescono i 100 Green Ticket dell’ONU ad essere ‘carbon neutral’?
Questo non è mai stato specificato. Anche io me lo sono chiesta, ho mandato una mail per chiedere ma ancora non ho ricevuto una risposta. Immagino però che abbiano compensato i voli tramite un contributo per la preservazione della foresta pluviale amazzonica, od altri organismi che contribuiscono a ridurre i livelli di CO2 nell’aria. Sicuramente le emissioni dei voli sono state compensate, visto che sarebbe insensato sponsorizzare 100 voli verso una conferenza dedicata alla crisi ambientale e l’urgenza di agire adesso.
Che aspettative hai per il Youth Summit?
Per il Youth Summit ho molte aspettative visto che si preannuncia un dialogo propositivo, intergenerazionale ed inclusivo. Hanno messo molte basi, quindi le mie aspettative non possono che essere altre. Spero che da questo Summit nasca qualcosa di formativo e concreto. Voglio poter tornare in Italia con delle skill da implementare, che mi aiutino a far crescere il movimento ambientale nel mio paese.
Parlami del progetto che presenterai al Summit: il bioreattore che usa la respirazione delle alghe per ‘pulire’ l’aria. Come sei venuta a contatto con questa iniziativa? Dove è già stata implementata?
Presenterò un fotobioreattore anulare che fa uso della respirazione delle piante -che, al contrario di quella degli umani, prevede l’assorbimento di CO2 e la produzione di ossigeno- per pulire l’aria in zone particolarmente inquinate. Questi acquari, popolati di alghe, sono dei cilindri verticali, che occupano relativamente poco spazio e sono esteticamente piacevoli. Ho scoperto dell’esistenza di questo bioreattore tramite l’università, al dipartimento di micro alghe. Attraverso una più dettagliata ricerca personale ho avuto modo di apprendere dell’esistenza di un primo bioreattore a Parigi. La notizia è uscita nel 2016, e da lì non si è più saputo nulla. Non so se il progetto sia stato un successo o meno. Forse era sponsorizzato privatamente e i fondi sono finiti. Presenterò comunque questo progetto al Summit, cercando così di riportarlo alla luce.
Cosa pensi della gioventù italiana: sono in tanti a partecipare al movimento ed intenderne l’urgenza?
Non è vero che la gioventù Italiana non ha voglia di far niente e rimane passiva. Questa è una critica che si sente spesso ma credo che noi siamo riusciti a dimostrare il contrario. Nel gruppo di Fridays for Future sono tutti propositivi e disposti a dedicare gran impegno alla manifestazione. Poi purtroppo c’è una fetta di gente che la vede diversamente. Mi è capitato di scendere in piazza e vedere gruppi di ragazzi ridere del nostro sciopero. Io mi domando sempre perché, invece che chiedersi ‘come mai i miei coetanei sono in piazza a manifestare’, c’è gente che a guardarci ride.
Come si possono cambiare le menti di questa fetta di gioventù Italiana?
Attraverso l’educazione ambientale e civica. Questo cambiamento non può purtroppo venire dalla famiglia perché in molte famiglie non c’è conoscenza dell’urgenza della crisi climatica. Dovranno essere le scuole ad educare i ragazzi, ed i ragazzi ad educare a loro volta la propria famiglia.