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domenica, Ottobre 6, 2024

Grugliasco onora i bambini del Campo UNRRA 17; Sara, Peter, Felicia, Haim sul prato della loro infanzia

(Di Alessandra Baldini)

GRUGLIASCO (TORINO), 6 APRILE – Con un pensiero ai bambini di  Khan Sheikhoun, il comune di Grugliasco alle porte di Torino ha rievocato oggi una pagina dimenticata di storia. Peter Tannenbaum, oggi in California, Haim Frenkel, Felicia Wax e Sara Guttman venuti da Israele, sono tornati nel “playgroud” della loro infanzia per una straordinaria “reunion” organizzata dalla municipalità piemontese. La dedica di una targa, una giornata di studio, un concerto di musica Klezmer hanno permesso uno scambio di ricordi su quando, alle porte di questa cittadina agricola di allora appena 5 mila abitanti, duemila profughi ebrei passati attraverso a persecuzioni e ai lager tornarono a vivere e a loro volta a dare vita.

I genitori sopravvissuti alla Shoah arrivarono dopo un lungo e martoriato cammino dall’Est Europa in un paese altrettanto segnato dalle cicatrici della guerra. Dopo la lotta partigiana e le deportazioni, anche in Italia le comunita’ locali stavano faticosamente riorganizzandosi. Ai profughi fu riservata una struttura manicomiale, l’ex Ospedale Psichiatrico femminile, dove le giovani famiglie rinacquero in parallelo al contesto civile che stava al di fuori.

Dei 220 bambini che nacquero da genitori approdati nel campo UNNRA 17 di Grugliasco, quattro sono stati oggi onorati dal sindaco Roberto Monta’ e dal collega della adiacente Collegno, Francesco Casciano. “Quello che fece Grugliasco e’ un segnale di fiducia anche nel nostro futuro”, ha detto Monta’, mentre Casciano si è ricollegato a tematiche attuali e ha ricordato come a pochi chilometri di distanza in particolare a Settimo Torinese, oggi si trovi un campo profughi che registra circa 30 mila passaggi all’anno.

Peter, Felix, Haim e Sara si abbracciano commossi. A dargli il benvenuto, o meglio il “bentornati” sul sito dell’ex manicomio sono accorse a Grugliasco autorità e cittadini. Elena Loewenthal, addetta culturale all’ambasciata italiana in Israele, ha evocato “una storia commovente e piena di vita. Una storia bella perché storia di vita, impensabile all’indomani della tragedia della seconda guerra mondiale”. Dario Di Segni, presidente della comunità ebraica di Torino ha sottolineato che “quella dei profughi e’ una vicenda non solo consegnata al passato ma che ci interpella anche oggi”.

E poi gli ex bambini, oggi a cavallo del settimo decennio. Peter e Felicia, nati a Genova perche’ negli ospedali di Torino non c’era posto, Haim e Sara, “torinesi”. “I miei genitori non parlavano mai della guerra, ma amavano parlare dei tre anni passati a Grugliasco. Mia madre diceva che furono i tre anni migliori della sua vita e che non se sarebbe mai andata, ma nel 1949 chiusero il campo”, dice Peter, esperto di “game theory” all’Università di California che a tre anni con i genitori emigro’ in Uruguay da apolide, ma poi liceale ando’ a studiare negli Usa e li’ e’ rimasto.  Felicia, che fu allattata dalla signora Tannenbaum perché sua mamma il latte non lo aveva, conferma che, anche per la sua famiglia, Grugliasco dell’immediato dopoguerra fu un momento lieve, di rinascita in positivo: “Con i loro racconti, i miei genitori mi hanno insegnato ad amare l’Italia”. Con lei sono venute a Grugliasco le figlie: “Perche’ e’ un dovere trasmettere questa storia alle nuove generazioni”.

Una zia di Haim Frenkel, che all’epoca aveva 14 anni, e’ ancora viva: e’ la “memoria vivente” del periodo passato nei campi, mentre lui, venuto da Haifa con la moglie, rievoca la “lunga catena di eventi” che dalla Polonia porto’ i suoi genitori in Germania, poi a Milano e infine a Grugliasco dove rimasero solo sei mesi: “Sono nato qui per un capriccio del destino ma mi considero un po’ torinese”.

“Sapevo che ero nata a Grugliasco ma non sapevo esattamente quando”, racconta Sara, per la quale aver scoperto luogo e data di nascita, al Sant’Anna di Torino nella sera di Kippur, e’ stata “la chiusura di un cerchio”. Adesso, sul prato dove i “bambini del Campo 17” venivano portati in passeggino, dove Peter e Felicia, con altri coetanei, posavano seduti in cerchio davanti alla macchina fotografica per la gioia dei genitori, e’ stata inaugurata una targa in italiano, inglese e ebraico. Altri bambini, Robert Eli Rubinstein e David Zinmmerman, sono rimasti in Canada ma hanno mandato un saluto. Da New York, Rochelle Weithorn, ha trasmesso un racconto scritto sulla base dei ricordi della mamma, che cattura nel titolo il senso della vita nel campo: “L’Ultimo Schletl (villaggio) in Europa”.

 “Avvicinarsi a questa storia e’ stato un modo per avvicinarsi a una pagina di storia della citta’ ha detto l’assessore alla cultura Pierpaolo Binda: “Il campo 17 e’stata una occasione di rinascita ma anche il simbolo di come, capace di concepire ogni male possibile, l’essere umano e’ anche capace di porre rimedio a questo male”.
I certificati di nascita dei “bambini di Grugliasco” sono conservati nell’archivio storico comunale. “Nomi, cognomi, nazionalità, date, ci mandavano un messaggio. Volevano raccontarci le storie che chiedevano di essere riscoperte”, ha detto Maria Teresa De Palma, l’archivista che li ha portati in luce. Ora quei certificati affiancano foto d’epoca e documenti dell’archivio dell’ONU in una piccola mostra fino al primo maggio al Parco Le Serre, ed e’ solo l’inizio del cammino: avendo appreso della “reunion”, Leila Baldinucci ha portato con se’ le foto del campo scattate dal padre Fausto: militare italiano, lavoro’ con l’UNRRA e poi con l’IRO, l’organizzazione che ne prese il posto e che poi divenne l’UNHCR. E’ un altro tassello di una grande storia che sta cominciando a prendere forma. (@alebal)
Alessandra Baldini
Alessandra Baldinihttps://onuitalia.com
Alessandra Baldini e’ stata la prima donna giornalista parlamentare per l’Ansa, poi corrispondente a Washington e responsabile degli uffici Ansa di New York e Londra. Dirige OnuItalia.

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