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martedì, Dicembre 3, 2024

Rocca (IFRC): “Pandemia e cambiamento climatico le nostre priorità”

ROMA, 15 OTTOBRE – Francesco Rocca è, dal novembre 2017, il Presidente della Federazione Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (IFRC), la più grande organizzazione umanitaria a livello mondiale, oltre a presiedere la divisione nazionale della Croce Rossa italiana dal 2013. Romano di nascita e con una formazione universitaria in ambito giuridico, l’attività sociale e di volontariato ha sempre ricoperto un ruolo fondamentale nella sua vita ed impiegato la maggior parte del suo tempo libero e della sua vita professionale, coronata con il prestigioso incarico che ricopre attualmente. Intervistato da Onuitalia, il presidente Rocca ha delineato la situazione corrente della Federazione e le sfide più importanti che la attendono nel futuro prossimo e non, a partire dalla partecipazione in qualità di osservatore alla COP26 di Novembre.

Presidente Rocca, quali sono le priorità e le sfide più importanti della Federazione, sia a livello geografico che a livello tematico, e di breve e lungo termine?

In primis, la priorità della Federazione è quella di offrire un sostegno ed un supporto alla società, e ciò a prescindere dal contesto geografico, tematico e temporale. Ciò detto, le due principali sfide che la Federazione affronta in questo momento sono certamente la pandemia da COVID-19 e l’impatto del cambiamento climatico. Oltretutto, è importante notare che queste due sfide non sono isolate ma piuttosto interconnesse, e che il loro devastante impatto si sovrappone nelle aree geografiche più problematiche, complicando ulteriormente le attività di supporto umanitario. Volendo essere specifici, fermo restando che le missioni sono molteplici e tutte rilevanti, la Federazione è particolarmente attiva in Afghanistan, a causa del recente cambio di regime, ma non si possono omettere le situazioni di Libano, che versa in una condizione di instabilità e povertà da tempo, ed Etiopia, afflitta da una serissima crisi umanitaria.

Il cambiamento climatico è decisamente una priorità, quali sono dunque le aspettative e le richieste della Federazione per la prossima COP26? Il focus degli ultimi meeting tra le parti è sembrato essere la parte finanziaria del contrasto al cambiamento climatico piuttosto che il cambio sistemico.

La Federazione nutre grandi speranze nei confronti della prossima Conferenza, purtroppo però l’attesa e le aspettative sono smorzate dalla realtà che si è sempre palesata al termine delle precedenti conferenze, e cioè che gli Stati sono disposti a promettere tanto ma fare poco. La gravità della situazione è sotto gli occhi di tutti e non retorica, c’è bisogno di un cambio di approccio e di azioni sistemiche a contrasto dell’impatto del cambiamento climatico. In questo senso, finanza ed azioni atte alla mitigazione dell’impatto e all’adattamento climatico devono andare di pari passo, non può una prevalere sull’altra. È sicuramente un bene che gli Stati più avanzati discutano e si impegnino per finanziare aiuti ai paesi più fragili ed in via di sviluppo nel loro processo di transizione ecologica, ma tutti gli Stati devono, in primis, cimentarsi in azioni sistemiche a contrasto di questa enorme problematica.

Fonte: IFRC Twitter

La Federazione è leader mondiale dell’attività di supporto umanitario a livello locale e sul campo, ma in alcuni contesti il cambiamento climatico ha un impatto devastante e difficilmente reversibile e si tramuta in massicci fenomeni migratori, con tutto ciò che ne deriva. In questo contesto, la tutela dello status giuridico dei migranti può essere un’alternativa al supporto umanitario locale?

A mio avviso, le due cose non sono alternative e una non esclude l’altra, anzi sono entrambe necessarie. Il discorso è che purtroppo attualmente le legislazioni nazionali non proteggono i rifugiati climatici, ai quali non è garantito il livello di tutela stabilito per i rifugiati “classici”. Questo per fortuna sta però lentamente cambiando, ed il riconoscimento dello status di rifugiato climatico può sicuramente migliorare la situazione in cui versano i milioni di migranti costretti a spostarsi da una terra che amano per garantirsi, in molti casi, la sopravvivenza. Il limite rimane, come nel caso del cambiamento climatico, la riluttanza degli Stati ad impegnarsi e dare garanzie, ed il risultato è che la tutela non è ancora inclusa in alcuna convenzione, e per questo motivo il supporto umanitario a livello locale acquisisce ancora più importanza, fermo restando gli indubbi benefici del riconoscimento internazionale dei rifugiati climatici.

Sempre in ambito legislativo, quali sono i problemi principali che la Federazione incontra in ambito di diritto internazionale umanitario ed intervento durante conflitti internazionali e non?

Le sfide sono molte, ma un problema serissimo rimane quello dell’accesso negato in determinate realtà. Dal nostro punto di vista, ciò è l’espressione di una mancanza di strumenti multilaterali atti alla tutela del diritto internazionale umanitario. Alcune realtà non sono penetrabili poiché le sanzioni per chi viola il diritto non vengono implementate. Le motivazioni di ciò sono molteplici e sempre legati alla riluttanza degli Stati, ma fino a quando mancheranno questi strumenti l’azione di supporto umanitario della Federazione durante i conflitti non potrà esprimersi al suo meglio, e certe aree, in particolare per quanto riguarda conflitti etnici ed interni, non potranno essere accessibili.

Infine: viviamo nell’era dell’informazione e, di conseguenza, della disinformazione, quanto questo è importante per l’attività della Federazione, e che strumenti essa intraprenda a tutela della corretta informazione?

La corretta informazione è da sempre uno dei principali obiettivi della Federazione, e per noi le componenti che non devono mai mancare, e di cui una corretta informazione deve disporre, sono le buone prassi ed il supporto delle stesse da parte della comunità scientifica. Nessuna missione della Federazione ha la presunzione di andare ad insegnare o imporre una verità assoluta, ma il nostro modus operandi si compone di messaggi semplici e diretti per persuadere le popolazioni della scelta giusta da fare, sempre nel rispetto delle due componenti sopra citate. La prima circostanza in cui la Federazione ha concentrato le sue attenzioni ed il suo operato sull’informazione è stata l’epidemia di Ebola, ed i confortanti risultati ottenuti hanno fatto si che la corretta informazione diventasse prassi delle missioni di supporto umanitario, come riscontrabile anche durante la più recente pandemia da COVID-19 e la successiva campagna vaccinale a suo contrasto. (@Giorgiodelgallo)

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